Presentazione del “Dizionario del dialetto e della cultura dell’area cirotana” di Giuseppe Virardi

Intervento del prof. Giuseppe F. Zangaro durante l’evento culturale di presentazione dei volumi a Torretta di Crucoli (KR) il 24 agosto 2023

Buonasera a tutti. Grazie per l’invito e l’ospitalità. Un particolare segno di gratitudine al prof. Virardi per aver contribuito ad arricchire il catalogo della nostra casa editrice con un’opera di grande spessore – non solo in termini di pagine e corposità dei tomi – ma soprattutto per la qualità del suo lavoro di studioso del dialetto dell’area cirotana.

All’autore, inoltre, va sicuramente riconosciuta la lungimirante idea di contestualizzare il dialetto della sua terra nella quotidianità, riportando nel secondo volume una raccolta di filastrocche, indovinelli, scioglilingua e tanti altri contenuti che disegnano un quadretto naif della vita contadina, quella vita trascorsa tra campi, vicoli, vallate e litorali dove ha preso forma il dialetto, caricandosi di intensa espressività e significanti.

Voglio sin da subito dirvi che non sono un esperto in materia, anche se in un certo senso per le mie attività professionali e culturali, il tema dell’incontro di questa sera è in parte attinente. Mi occupo di sviluppo e coesione territoriale, insegno questa materia in corsi di alta formazione; coordino, inoltre, lo scouting finanziario e l’avviamento di progetti in Italia e all’estero per conto di Capitalimprese Roma e Assocapital Londra e, nonostante questi impegni, essendo un fiero e testardo meridionale non ho potuto fare a meno di decidere di vivere in questa nostra bella Calabria e dedicarmi, tra le altre cose, all’attività editoriale con l’augurio di portare avanti la tradizione di famiglia, incominciata 70 anni fa da mio padre Luigi, fondatore dell’impresa storica Grafosud.

     


Da sinistra: l’autore Giuseppe Virardi e le copertine dei 2 tomi.
Nota biografica dell’autore: https://consensopublishing.it/giuseppe-virardi/

 

Vorrei partire proprio da questi due termini SVILUPPO e COESIONE per parlarvi della loro piena attinenza con il tema di questa serata…

Il PROGRESSO di un territorio ­– che noi chiamiamo appunto, SVILUPPO – è l’allineamento di tre fattori essenziali: (A) cultura; (B) socialità; (C) economia.

Non mi soffermerò volutamente sugli aspetti legati all’economia, perché vorrei anzitutto evidenziare quanto la CULTURA e le RELAZIONI SOCIALI siano importanti per conservare la memoria storica, alimentare l’entusiasmo per il presente, dare fiducia e slancio per il futuro.

Ecco perché la cultura è importante…

Lo è per la capacità che essa ha di attivare processi sociali collaborativi e cooperativi, esattamente come hanno fatto le nostre Comunità locali quando nel corso dei secoli hanno generato il modello culturale occidentale con il pensiero filosofico, l’elaborazione matematica, diventata poi genio e scienza, la creazione artistica, l’organizzazione dello spazio architettonico e urbanistico.

E il dialetto – in questi ultimi anni molto rivalutato sia dagli studiosi che dal mondo della musica, cinema e spettacolo – rappresenta la radice culturale di un popolo, quel DNA capace di raccontare le mille storie della grande storia e allo stesso tempo in grado di conservare e tramandare i valori di una comunità.

Durante la Giornata Mondiale della Lingua Madre, celebrata lo scorso 21 febbraio, si è molto discusso sull’importanza del dialetto, in quanto fonte di diversità linguistica e culturale in grado di arricchire la lingua stessa e la cultura di una nazione intera.

Grazie al dialetto – come sapientemente rileviamo nel lavoro di Giuseppe Virardi – possiamo trovare informazioni su costumi, tradizioni e credenze, utili a farci comprendere meglio come la comunità locale si sia evoluta nel tempo, dandoci per questo nuovi strumenti di interpretazione del presente.

L’altro termine di cui vi ho accennato pocanzi, è COESIONE, di fondamentale importanza per la costruzione e il mantenimento dell’identità di una comunità. Quando parliamo di ECONOMIA UMANISTICA – riferendoci ai territori soggetti a depauperamento di risorse, invecchiamento e spopolamento – intendiamo lo sviluppo del senso di appartenenza e di solidarietà, quella sorta di “intesa” e “resilienza” che molto spesso ci accomunano quando anteponiamo alla lingua ufficiale italiana, quella dialettale…

La sensazione che proviamo è quella di entrare più velocemente in sintonia con gli altri individui, di stabilire una connessione comunicativa diretta, sincera e trasparente.

Molti rapper contemporanei utilizzano nelle loro canzoni espressioni dialettali: il romano, il napoletano e il salentino, per esempio, vengono proposti addirittura come slang giovanile da anteporre alla lingua “costruita”, in senso di “artefatta” e, quindi, meno naturale e diretta; a differenza del calabrese e del siciliano che, invece, vengono trattati più in senso folkloristico e caricato.

Ma il dialetto, in alcuni casi, è anche reazione alla cosiddetta jet-set-society, ovvero a quella classificazione della società che tende a raggruppare gli individui in 2 macro-gruppi: quello del “popolo”, la massa, e quello del “jet-set” a sua volta suddiviso in élite, crème, crème de la crème, gotha,alta società, bel mondo. E qui si parla con linguaggio forbito, ostentato, soventemente costellato di inglesismi e francesismi, ben lontano dal dialetto – aggiungo per fortuna – visto che molti letterati del passato e del presente hanno definito il dialetto “lingua materna”, per tanti la lingua parlata prima di andare a scuola e fuori della scuola. Pensate che al momento dell’unificazione dell’Italia (1861) solo 2 o 3 italiani su 100 parlavano l’italiano, il resto della popolazione parlava solo dialetto.

Il lavoro di Virardi ci mostra la “lingua del cuore”, così definisce il dialetto Francesco De Renzo, ovvero il vulgus che prima del XVI secolo vedeva in Italia 6 o 7 macro-idiomi regionali, poi soppiantati dal nobile dialetto toscano grazie a Dante, prima con il De Vulgari Eloquentia, poi con la Divina Commedia.

E’ nel De Vulgari Eloquentia, infatti, che per la prima volta viene trattato in maniera sistematica la questione della lingua volgare e l’esigenza di avere una sola lingua letteraria di riferimento per consentire una migliore comunicazione e intesa negli scambi commerciali e culturali tra i vari territori dell’Italia. Un’opera che Dante lascerà incompiuta probabilmente per dedicarsi alla stesura della Divina Commedia e, quindi, passare dalla teoria alla pratica.

Da qui in poi, il dialetto diventerà anche produzione letteraria… da nord a sud, saranno numerosi i poeti e gli autori che si esprimeranno in vernacolo: dai napoletani Giulio Cesare Cortese e Giovan Battista Basile, al milanese Carlo Maria Maggi, fino a Goldoni, Porta, Belli, e in tempi piú recenti, Salvatore Di Giacomo, Trilussa, Eduardo De Filippo e Andrea Camilleri, tanto per citarne qualcuno.

Il Dizionario del dialetto e della cultura dell’area cirotana con il volume sui Temi di approfondimento attesta la vitalità e l’attualità di questo nostro patrimonio linguistico, parlato ancora da circa il 50% della popolazione italiana… ovvero da circa 30 milioni di Italiani che conoscono e usano sia il dialetto che l’italiano, molto spesso in base alle circostanze o addirittura in frasi miste.

Grazie a Giuseppe Virardi… che ha ben capito e messo a frutto quanto il dialetto sia un “bene culturale” immenso, da studiare e preservare per continuare a sentire il legame con le radici della nostra cultura millenaria.

Anche se le fredde statistiche identificano spesso il permanere del dialetto in famiglia e con gli amici un indice di bassa istruzione, va detto che il valore del dialetto – inteso come lingua madre, nel quale noi affondiamo le nostre radici – ha una marcia in più…

I Greci hanno coniato il termine endemico, componendo i termini “en” e “demos” – «nel popolo» – per esprimere la caratterizzazione antropologica, naturalistica e zoologica di un determinato territorio nel senso di persistenza, costanza e diffusione.

Come affermò Nelson Mandela in uno dei suoi discorsi riguardanti l’identità e la valorizzazione delle culture endemiche: «Parlare a qualcuno in una lingua che comprende consente di raggiungere il suo cervello. Parlargli nella sua lingua madre significa raggiungere il suo cuore».

Giuseppe F. Zangaro

PER MAGGIORI INFORMAZIONI SUI LIBRI:
Volume 1 > https://consensopublishing.it/product/dizionario-del-dialetto-e-della-cultura-dellarea-cirotana-ciro-ciro-marina-crucoli/
Volume 2 > https://consensopublishing.it/product/temi-di-approfondimento-al-dizionario-del-dialetto-e-della-cultura-dellarea-cirotana-ciro-ciro-marina-crucoli/

 

 

 

 

 

 

 

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